Stanchi di Facebook

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Siamo tutti stanchi dei social network. 

Stanchi dei fili che si ingarbugliano. Degli smartphone con mille notifiche. Delle newletter da cui togliersi. Delle tre email a cui rispondere subito mentre hai altre cose da fare, e delle mille che restano lì da cancellare. Stanchi che il computer ci metta una vita ad accendersi, della pagina che non carica, del programma che crasha, di non essere retwittati, delle cose idiote che leggiamo su Facebook, stanchi di non poter staccare per un giorno, per un’ora, per dieci minuti senza sentirci vuoti, persi, persino in colpa. Stanchi di passare una serata in casa e di non riuscire a leggere un libro senza annunciarlo su Twitter.

 Il digitale ha migliorato la vita? Sì.

Il digitale ha peggiorato la vita?  Sì, molto.

E non per colpa del digitale.

Com’era la vita, prima?

Ho iniziato a usare internet che avevo vent’anni. La mia adolescenza non-digitale è un periodo di tempo che mi appare lontano, non ricordo più com’era vivere senza la rete.
Capisco che la mia mente era diversa. Qualcosa è cambiato nel nostro cervello da quando abbiamo questi strumenti. E’ un po’ come quando ci immaginiamo protagonisti della scena di un film. Proviamo sensazioni, proiezioni mentali del tutto ignote a chi è vissuto nell’800, quando il cinema non esisteva e una donna che soffriva per amore si immaginava al massimo come un’eroina letteraria, o teatrale.

Com’era vivere nel pre-digitale? Ora che avanzano le generazioni di nativi digitali, come faremo a trasmettere loro il senso di una vita “sconnessa”, se stiamo noi stessi perdendolo? Chi salverà queste memorie?

E’ tardi. Non è più tempo di scegliere tra “analogico o digitale”. Ormai è tempo di essere digitally smart, di trovare un equilibrio per non essere sommersi. “La vita vera sono i social”, è vero, ma: la vita vera è anche spegnere quel maledetto Skype, è trascorrere le ore senza avere niente da sapere.

Senza pensare “devo connettermi”.

Senza volersi connettere.

E’ non sentirsi in colpa se tutti parlano di qualcosa di cui non sappiamo niente.

In un mondo dove tutto va veloce, bisogna ricordare come si faceva ad andare piano.

Magnini se ne va da Twitter perchè la gente è cattiva. E’ giusto?

Speravate che fossi scomparsa, eh?
Ma gnanche per sogno.
E non è scomparsa neanche la mia vis polemica (per inciso, l’unica vis che ho).

Ho scritto qualcosa sul Magnini che se ne va da Twitter, a grandi bracciate.
E sul perchè su Twitter la gente è tanto cattiva. E lo è, fidatevi.

Se volete leggerlo, è qui.

Diventare popolari su Twitter con il nick giusto/3: i Santi Pietro e Paolo

Dopo l’intervista a Dio e il Diavolo e quella al Triste Mietitore aka La Morte (un tipo meno deprimente di quanto si potrebbe pensare), mi è sembrato giusto sentire anche i loro stakeholder: i Santi Pietro e Paolo.

Ecco la loro (la sua?) intervista.

• Scegliere uno pseudonimo come il tuo è un gioco, una provocazione o una scelta calcolata a tavolino? Un gioco. Comunque all’inizio eravamo in due, ma visto che l’altro ora se ne sbatte, faccio da solo.

• Ti aspettavi il successo che hai avuto, in termini di followers e popolarità? Assolutamente no, anche perchè all’inizio per due followers che arrivavano tre se ne andavano…

• Scegliere uno pseudonimo come il tuo vuol dire anche entrare in un personaggio ben preciso, e twittare come se tu fossi lui. Soffri mica di schizofrenia?  Schizofrenia acclarata non lo so, nessun medico mai me l’ha diagnosticata. Ma magari ne soffro e non lo so nemmeno io.

• Come si gestisce un profilo Twitter di fantasia?
Cerchi cioè sempre di twittare a tema o ti concedi delle “uscite”? Hai anche altri profili Twitter personali? 
Vivere l’esperienza di Twitter come san Pietro e Paolo mi dà la possibilità di interagire con tanta gente diversa fra loro, per cultura e soprattutto religione. Twitto come fossero due comici alla Ficarra e Picone. @lddio mi perdonerà per questo. Quasi mai parlo di religione. Piuttosto mi piace sparare cretinate appoggiandomi su fatti di cronaca e molto spesso mi prendo in giro da solo cambiando i luoghi, fatti e persone con il paradiso e altri santi. Ho un profilo privato ma lo uso talmente poco che i miei followers chiameranno Chi l’ha visto 😉

• Sei entrato nella parte senza problemi? In realtà non mi sono mai sentito un Santo, e forse nemmeno lo sarò mai…

• Hai ricevuto o ricevi critiche per la tua scelta? Per fortuna faccio ridere e le persone apprezzano, anche se qualche cattolico mi ha bacchettato pesantemente in passato, perchè pare che impersonare dei santi sia un grave peccato. Io non lo sapevo e cerco comunque sempre di essere rispettoso nei confronti di chi ha fede.

• Hai rivelato, o hai intenzione di rivelare la tua identità? Alcuni followers sanno chi sono, e sinceramente non ho problemi a dirlo. Non ho mai usato Twitter per insultare o prendermela con qualcuno nascondendomi dietro l’anonimato, per me è un gioco e tale resta. Cerco di far sorridere la gente senza nemmeno avere la pretesa di riuscirci, se poi accade sono contento! Una cosa secondo me è curiosa: alcuni pensano che dietro a questi profili ci siano dei vip. Una ragazza si era convinta che fossi Paolo Bonolis, un altro che fossi Claudio Amendola. Chiaramente la fantasia spazia e visto che è gratis lasciamo fantasticare la gente. Da non sottovalutare anche l’aspetto sessuale… Almeno una volta a settimana una donna o un uomo mi fanno proposte sessuali esplicite! Soprattutto quelli che pensano che io sia un prete.

Internet e la risurrezione delle buone maniere

Ho scritto un post, qua sotto. Parlava di come sul web siamo tutti più coraggiosi, e più maleducati.
Poi, ho soppesato l’altra faccia della medaglia.
Selvaggia Lucarelli ha scritto un articolo su Libero su Sara Tommasi, sostenendo che la ragazza ha bisogno di aiuto. Poi, sul suo Facebook, ha postato il tweet idiota di un tipo che riporto tal quale:

La cosa che più mi è piaciuta, e mi ha fatto riflettere, è stata questo commento della Lucarelli:

Il sacro terrore del pubblico ludibrio.
Chissà che non sia questo, a salvarci.
Chissà che non si ridiventi tutti più cauti, più attenti a quello che si scrive, più riflessivi e, in sostanza, più educati.
Come sappiamo, la rete non perdona.
Quello che si scrive rimane lì. E circola. Impossibile tornare indietro, se non scusandosi.
E se anche fosse solo la paura del giudizio altrui a spingerci ad agire bene e a pensare prima di scrivere, non sarebbe una cosa da poco.
Non c’era una massima del tipo “Cura i tuoi pensieri perchè diventeranno le tue azioni, e cura le tue azioni perchè diventeranno il tuo carattere”?
Ma sto diventando troppo moralista. Devo smetterla di rileggere Jane Austen.

Il sottile confine tra educazione e battuta


Ci penso da tempo.
Illuminante per me è stato questo post di Simona Melani.

A volte, le persone sembrano aver smarrito la base fondamentale di ogni rapporto, digitale o analogico che sia: la buona educazione. Avete mai detto a qualcuno, in faccia, durante una conversazione “ma come cazzo parli?” o cose del genere? Scommetto di no. Cosa autorizza quindi a prendersi certe libertà online?
Ci rende davvero più fighi, più cool, “stocazzare” i cosiddetti vip, rispondere loro con astio su questioni assolutamente irrilevanti, solo per il gusto di salvare il proprio tweet “coraggioso” tra i preferiti? Perché gli italiani si ostinano ad usare i social media come dei bambini di tre anni?

Sui social siamo tutti molto più coraggiosi che nella vita offline.
Più maleducati, volendo. Sia in attacco, sia in difesa.
E’ infantilismo? E’ rabbia repressa? E’ solo voglia di mettersi in mostra?
Qual è il confine tra bonarietà (o “lollosità”, atroce ma efficace neologismo) e astio?
Tra “ridere con” e “ridere di”?

5 consigli per scegliere chi seguire su Twitter

1. Non seguire parenti e amici. Per quello c’è Facebook.

2. Non seguire 25 persone. Avrai la timeline che va alla velocità di un bradipo assonnato. Soprattutto non seguire 25 vip. Per assistere ai loro battibecchi/leccate di culo c’è la televisione.

3. Non seguire 25.000 persone. Ci metterai troppo tempo a capire chi è realmente interessante e chi fa solo volume.

4. Segui persone a caso. Segui chi ha una bella foto. Segui chi ha una brutta bio. Segui chi ti sta antipatico a pelle. Segui d’istinto. Twitter riserva sempre piacevoli sorprese.

5. Non seguire chi ti ha seguito (followback). E’ una logica perversa. A questa stregua dovresti non seguire chi non ti segue. E infatti molti lo fanno: ti seguono per prova e, appena vedono che non li caghi, ti defalcano. Voglio ostinarmi a credere che, almeno su Twitter, possiamo fare a meno di queste logiche.

Soprattutto, non seguire questi consigli e fa’ ciò che vuoi.

Diventare popolari su Twitter con il nick giusto. Il Triste Mietitore

Qualche giorno fa ho pubblicato su Ninja Marketing un’intervista alle simpaticissime divinità di Twitter, Dio e il Diavolo.
Siccome siete pigri e non andrete mai a leggerla, vi riassumo il concetto:

“Facile avere zigliaia di followers quando si sceglie un nick così altisonante!”

In realtà dalle loro risposte emerge che i due Signori di cui sopra sono in buona fede (e per il Diavolo è un successo, direi).
Ma sarà così per tutti quelli che si scelgono un nick impegnativo? Che so, la Morte o i Santi?

Devo indagare.
Dio e il Diavolo, all’unisono, mi consigliano un amico, il loro head hunter di fiducia: il Triste Mietitore.
Ecco la sua intervista.

• Scegliere uno pseudonimo come il tuo è un gioco, una provocazione o una scelta calcolata a tavolino?
Il mio nickname è nato per gioco. Sono stato male lo scorso Natale e non ho potuto festeggiare con parenti ed amici: ho avuto un cagotto tremendo e fulminante.
Posso dire cagotto? No, perché a molte persone disturba leggere parole volgari come cagotto. Io non trovo niente di male nello scrivere o leggere cagotto. O cag8. Ma stavo dicendo: mi era venuto un attacco forte di dissenteria (cagotto) e dovevo passare il tempo in qualche modo. La mia condizione, in quel momento di profonda spossatezza e depressione, mi hanno spinto a scegliere come nome TristeMietitore su Twitter e giocare con un po’ di battute.

• Ti aspettavi il successo che hai avuto, in termini di followers e popolarità?
Onestamente? No. Mi sono dovuto ricredere al primo Follow Friday, che mi ha visto tra i primi 20 twitters italiani. Io ho solo scritto – e scrivo tuttora – battute macabre che reputo divertenti. Se vi fanno sorridere, siete delle brutte persone. Come me.

• Scegliere uno pseudonimo come il tuo vuol dire anche entrare in un personaggio ben preciso, e twittare come se tu fossi lui. Soffri mica di schizofrenia?
Se mettersi le dita nel naso ai semafori vuol dire essere schizofrenico, allora lo sono.
Non è difficile immedesimarsi con un personaggio che vorrebbe tanta gente sottoterra e che pensa che i migliori se ne siano già andati. Siamo in Italia, dopotutto.

• Come si gestisce un profilo Twitter di fantasia?
Cerchi cioè sempre di twittare a tema o ti concedi delle “uscite”? Hai anche altri profili Twitter personali?

La mia vita di Twitter è come quella di qualunque altro utente: scrivo i miei pensieri ed interagisco con chi mi segue.
I miei post non sono sempre strettamente legati all’argomento morte, molti sono commenti sulla cronaca e politica vista dalla prospettiva della Morte. Che sarebbe circa 6 piedi sotto quella della gente comune.
Ho altri profili Twitter, tra cui uno personale ed uno per un blog di informazione Apple al quale sarebbe scorretto fare pubblicità.

• Sei entrato nella parte senza problemi?
Sono sempre stato cinico ed acido di natura. E prodigo di battute sferzanti ad amici e colleghi.
Sul lavoro con molti colleghi, augurarci le fini più atroci ad ogni sbaglio (per scherzo e sdrammatizzare, si capisce) è sempre stato all’ordine del giorno: è stato davvero un gioco da ragazzi diventare la Morte su Twitter.

• Hai ricevuto o ricevi critiche per la tua scelta?
Con un account come il mio è normale riceverne. Il buongusto mi impedisce di fare battute sulle vicende di cronaca più dolorose, ma capita (anche se non troppo spesso) che qualcuno mi accusi di mancare di tatto.
Mi ricordo, ad esempio, la critica di un utente quando ho postato una foto di un portone di chiesa pieno di teschi pochi minuti dopo la morte in campo di Morosini. Ovviamente il tweet ed il fatto erano totalmente slegati, ma l’utente mi suggeriva il silenzio in quella giornata così luttuosa.
Come dicevo prima, la mia etica (si, anche la Morte ne ha una) mi impedisce di scherzare sul dolore altrui. Però se dovessi chiudere a lutto ogni volta che avviene un evento funesto come quello, farei bene a cancellare il mio account.

• Hai rivelato o hai intenzione di rivelare la tua identità?
La mia identità la scoprono tutti prima o poi. Quando vengo a prenderli.

(Prossimamente: intervista ai Santi Pietro e Paolo)

Dimmi come ti chiami su Twitter e ti dirò chi sei.

Come vi chiamate su Twitter?
Quando vi siete iscritti, avete inserito il vostro vero nome e cognome, come Twitter, educatamente, vi suggeriva?
Io no.

Usare o meno nome e cognome, sul web, è una diatriba infinita.
Anche la scelta del perfetto nickname è un argomento difficile. Oceani di parole sono stati già versati al riguardo.
La teoria più gettonata sembra essere questa: “In Rete bisogna metterci il Nome e la Faccia” – e avere, inoltre, un nickname uguale su tutti i social.

Io mi limito a Twitter, e una considerazione di partenza è questa: scegliere il @nickname spesso vuol dire mettere un primo filtro tra noi e le persone che potremmo incontrare.
Il @nickname puo’ essere cioè un velo sulla nostra reale identità. Un velo più o meno trasparente, più o meno serio.
I gradi principali di filtraggio- tra i quali ci sono le mille possibili sfumature – sono quattro:

1- NomeCognome reale, @Nick reale.
Asdrubale Jannacci @a_jannacci.
Filtro: nessuno.
Nessuna volontà di nascondersi. Qualcuno dirà: nessuna fantasia. Ma non è che nella vita bisogna esser fantasiosi per forza. Figuriamoci sui social.
Forse è la scelta più logica se si è già qualcuno. Ci si reputa, cioè, abbastanza interessanti/famosi da interessare agli altri così come si è.
Infatti, è la scelta obbligata per i VIP che su Twitter più che socializzare vogliono mettersi in mostra; e resta la scelta ideale per giornalisti, professionisti stimati in ogni campo, scrittori, insomma gente più seria di me.

2- NomeCognome reale (o quasi), @Nick soprannome.
Chiara V. @Chiaruccia55
Filtro: basso.
E’ una scelta intimista: ci faremo chiamare su Twitter come ci chiamano i nostri amici. Vediamo quindi Twitter come un’arena di potenziali nuovi amici.

3- NomeCognome di fantasia, @Nick di fantasia.
La Sirenetta Arenata @LisaMarieZombie
Il @nick puo’ essere legato a qualche nostra presunta qualità o difetto reale: @Insopportabile, @Sconnessa, @SonoCretina, o anche no: @CricetoMutante, @VentoTagliente, ecc.
Filtro: medio. Preferiamo mettere l’accento su una nostra caratteristica. Diamo più importanza alla personalità che all’identità. Poi l’identità magari è anche svelata, nella bio. Ma viene dopo.
Il @nick scelto, dunque, è una dichiarazione programmatica di intenti. Oppure una solenne minchiata.

4- NomeCognome fasullo, @Nick legato a un alter ego fasullo.
Dio @lddio
Questo è un gradino successivo, il più alto. Qui Twitter dà il meglio di sè, consentendo la creazione di alter ego spesso chiaramente finti. Appartengono a questa categoria i fake (i profili falsi di personaggi famosi), nonchè i vari filoni di personaggi immaginari, i gotici (maghi, streghe, vampiri), storici (poeti e artisti/da tempo estinti), mistici (@Iddio, @Diavolo, @TristeMietitore), eccetera.
Chi fa questa scelta entra in una parte e twitta a tema, interpreta quel personaggio.
Personalmente seguo diversi personaggi di fantasia e mi divertono.
Filtro: alto, totale, protezione 50. L’identità vera rimane spesso celata (non sempre: @lultimovampiro, ad esempio, interpreta in modo gradevole e non ossessivo il suo personaggio, ma la sua identità è ben nota).

Vi vengono in mente altre categorie?

Tornerò sull’argomento, dopo che avrò studiato un po’. Fermo restando che, per capire come una persona vede e vive Twitter, bisogna seguirla. E spesso neanche questo basta.

5 assurdità del Follow Friday su Twitter (#FF)

Il Follow Friday. Il venerdì delle menzioni, delle cortesie ricambiate e delle leccate di culo.
Potenzialmente, un’ottima idea. Potrebbe essere il momento più social di un social asociale come Twitter: amici che presentano amici ad altri amici.
Ma come tutte le ottime idee venute agli esseri umani, essendo poi gestita da esseri umani, s’è trasformata ben presto nella sagra della caciotta.
Antonio Lupetti boccia il #FF come spam fastidioso. Io il venerdì su Twitter, nonostante tutto, mi diverto a osservare che succede.

Ecco alcune stranezze che ho notato:

1- La lobby dei 20-25 tuitteri famosi-ma-non-troppo (ne avevo già parlato qui) che si fanno #FF reciprocamente. Come un tetto di cristallo, non segnalano mai qualcuno di nuovo, ma si rimbalzano i followers come palline di gomma rincoglionite.

2- I ragazzi che fanno #FF alla figa di turno sperando di impressionarla, aggiungendo un elenco delle qualità della bella in questione (“seguitela perchè è dolcissima tenera simpatica ecc.)
In pratica l’equivalente di conoscere una che ti piace in discoteca e, anzichè cercare di appartarsi con lei, trascinarla al centro della pista e gridare a gran voce “Ragazzi, guardate che gnocca! Provateci!”. Auguri.

3- Quelli che fanno #FF a una twitstar e perdono ogni contegno. Il #FF è già di per sè un attestato di stima; a molti però non sembra sufficiente, e allora via con litri e litri di saliva.

4- Va di moda l’#FF collettivo. Consiste nel comprimere in un unico mostruoso tweet un insieme eterogeneo di persone che manco si conoscono/seguono tra di loro. Un po’ come mettere troppi capi colorati insieme in lavatrice: l’oblò fa fatica a chiudersi, e il bucato potrebbe venire disastroso.
Ora, io sono tarda e forse scopro l’acqua calda, ma mi è venuto il dubbio che chi lo fa intenda “presentare” queste persone tra loro, più che additarle ai propri followers. Perciò vado a vedermi profilo per profilo questi utenti e decido, a volte, di seguirne qualcuno. La noia arriva quasi sempre verso il terzo, perchè nove volte su dieci nominati insieme a me ci sono aziende, agenzie, case editrici che non vedo perchè dovrei seguire.

5- I geniacci che fanno gli #FF personalizzatissimi, brillanti e bellissimi. Il dubbio è che vogliano mettersi in mostra loro, più che indicare qualcuno di meritevole.

E adesso scusate, ma è venerdì e devo correre a fare e ricambiare i #FF.