e-book Dreaming

#Librinnovando si avvicina. Ne ho già scritto. Ma oggi vorrei raccontarvi una storia.

Ero indecisa se farlo. E’ la storia di un mio amico, è personale. Ma è un esempio molto bello di come la tecnologia digitale può, volendo, cambiare in meglio la vita.

E’ la storia di un ragazzino cresciuto in una famiglia poco musicale. A sua mamma, semplicemente, la musica non interessa. E’ il padre quello che la ama. Comunque, a casa sua musica non se ne ascolta.
Il padre lavora tanto e non hanno uno stereo in casa. C’è uno scassatissimo mangianastri, e qualche cassetta tutta rovinata dei Beatles, dei Pink Floyd – e questo è tutto. Il padre a volte gli parla di Bob Dylan, di Springsteen e di altri artisti che gli piacciono e lui si chiede come faccia a conoscerli.
Tutta la faccenda gli sembra strana e misteriosa. Il ragazzino ha amici i cui padri e madri ascoltano musica in modo professionale. Stereo enormi e giradischi con puntine che gli sembrano magici e immense torri di vinili. Nella sua testa la musica è una cosa “per gli altri”.
Non è parte della sua vita, della sua infanzia.
Le cose sono cambiate crescendo, è chiaro. Ha voluto lo stereo, ha voluto il walkman, poi ha comprato l’iPod.
All’inizio ci aveva messo dentro una trentina di canzoni. Era quasi timoroso. Gli sembrava irreale, e forse troppo ambizioso, metterne di più. Era abituato ad ascoltare poca musica e in generale ad accontentarsi di poco. A volare basso, a stare nei limiti.
Ma piano piano incomincia a lasciarsi andare. Incomincia a scaricare ed ascoltare tutti gli artisti che gli vengono in mente, quelli di cui suo padre gli parlava da bambino, quelli di cui parlano i suoi amici. Incomincia a sviluppare orecchio, a capire la qualità, e diventa curioso: è lui stesso che cerca nuovi artisti ora, li ascolta, sviluppa il senso critico non solo per dire “Mi piace” o “Non mi piace”, ma per spiegare il perché. Abbandona gran parte della musica mainstream che fino a quel momento credeva di amare. Legge riviste e libri di musica. Guarda canali musicali. Fa ricerche su Myspace. Insomma, la musica diventa parte della sua vita alla grande. Quel ragazzo, oggi, vive a Londra e fa il giornalista musicale per una rivista famosa. E tutto grazie a un piccolo gadget.

Io sogno che lo stesso succeda con gli e-reader. Sogno che le persone che ricevono in regalo un Kindle, all’inizio ci mettano magari due o tre libri di Fabio Volo, e dopo qualche anno si arrabbino se non trovano l’ultimo ebook di Ian McEwan. Sogno che i giovani scrittori emergenti che devono rinunciare a scrivere per vivere, possano, con lo sviluppo dell’editoria digitale e compensi più equi, avere la possibilità di scrivere tanto e di diventare sempre più bravi. Alzando il livello della sgangherata letteratura italiana. Sì, io sogno che la tecnologia trascini la cultura.

Se questo è un Libro

Ieri sera ero a cena con amici (non proprio persone normali, ma non geeks).
Tra le altre cose s’è parlato di e-books e di e-readers.
Uno ha detto che gli piacerebbe avere il Kindle ( l’ha buttata lì, poi chi raccoglie raccoglie, visto che Natale si avvicina). E a parte qualche obiezione -schermo troppo piccolo, non chiaro funzionamento dell’abbonamento a internet gratuito – m’è parso che l’idea raccogliesse un generale entusiasmo.

Negli USA il Kindle di Amazon e altri e-readers come il Nook di B&N sono già una realtà considerata e diffusa. E chi ha un e-reader ne è entusiasta. Piacciono. Hanno cambiato il modo di leggere.
Il Kindle Fire, appena uscito, ha avuto milioni di preordini.

In Italia ancora non siamo a questi livelli. Si parla da un po’ di Amazon e delle sue mosse vere o presunte.
Il Kindle costa poco, è oggettivamente una figata, potrebbe sfidare l’iPad, eccetera.
Però in Italia, non è una novità, si legge pochissimo.

Allora mi sono fatta una domanda, senza darmi una risposta: gli ebooks ci salveranno?
Quando il Kindle sarà diffuso e comune come un cellulare, la mera possibilità di portarci dietro in ogni momento centinaia di libri ci ridarà curiosità verso la lettura?
La diffusione di una tecnologia, il suo diventare trendy, creeranno un circolo virtuoso di pecoroni – poi curiosi – che poi, alla fine, diventeranno nuovi, assidui lettori?
E’ la tecnologia che trascina la cultura, o la cultura che invoca nuove tecnologie?

Chissà se qualche risposta la troverò tra poco a Milano a #Librinnovando.

Di una cosa comunque sono certa. Sono aperta al futuro dell’editoria digitale. Apertissima. La trovo una auspicabile evoluzione- anzi, una rivoluzione. Però ci sono alcune cose che- come lettrice appassionata- solo a pensarle mi intristiscono parecchio.
Per esempio l’idea della scomparsa delle librerie – entrare in un negozio e semplicemente vagare tra gli scaffali, comprando libri d’impulso – mi sembra una perdita enorme (senza contare che in libreria si trovano sempre tipi interessanti e mille possibilità di attaccare bottone).
Così come mi procura non poco sgomento l’idea che i libri svaniranno. I libri come oggetti, da toccare, da annusare, da sottolineare, da riempire di ispirati commenti a matita -quasi sempre brutti in modo imbarazzante-, da scagliare contro il muro con violenza se ci sembrano idioti o disonesti, da riempire di orecchie sulle pagine, da bruciare.

Vedremo.